26 maggio 2013 - Lidia Ravera, da due mesi assessore della Regione Lazio: «La cultura era considerata una nursery per disadattati»
«Nonostante tutto c'è un gran fervore culturale in questa città e in tutta la Regione. Nonostante tutto». Lidia Ravera sa usare le parole e non solo perché ha pubblicato 29 romanzi. Da due mesi occupa l'ufficio al sesto piano del palazzo della Regione Lazio sulla Cristoforo Colombo e sta cercando di capire in che razza di mondo è capitata. Ma non vuole farsi schiacciare dai debiti e tantomeno dalla rassegnazione. «Ho conosciuto tante persone di valore, c'è una costellazione di iniziative. Parlo della Tribù dei lettori , mercoledì parteciperò alla presentazione, parlo dei Piccoli maestri che mettono in contatto scrittori e studenti. Sono avamposti di alfabetizzazione, presìdi culturali da incoraggiare e sto lavorando per dare loro una sede.
Pochi giorni dopo il suo insediamento, in una lettera al Corriere della Sera, ha scritto: primo, pagare i debiti. A che punto siamo?
«Ho scoperto che il debito che ho ereditato nel settore cultura è di 43 milioni di euro. Ma la Regione Lazio è riuscita ad ottenere 2,5 miliardi dal fondo centrale ed entro luglio dovrebbero essere pagati 1,7 miliardi di arretrati. Ho fatto un pianto per avere a disposizione una quota, non so ancora di quale grandezza, ma so che l'avremo. Bisogna ripartire. Questo assessorato è una svolta: è la fine dei finanziamenti bancomat, dei fondi a pioggia, dei carrozzoni utili solo per dare posti e compiacere la ricerca dei voti».
Sembra una dichiarazione di principio più che un programma.
«Lo so, avere dei principi è complicato. Ma fino a ieri la cultura è stata considerata una nursery per disadattati, la prima ad essere tagliata, travolta dal disinteresse. Nell'America colpita dalla crisi drammatica del 1929, Franklin Delano Roosevelt investì nei lavoratori della conoscenza. Sapeva che una società riparte da lì».
Come sono stati questi primi mesi?
«In politica parto con due handicap: parlo una lingua diversa e ho tempi diversi. Devo imparare a confrontarmi con la vischiosità del reale. Ma c'è opacità nella burocrazia e i suoi tempi sono subdoli. Sospetto chi non si fa capire».
Si sente più operatore culturale che assessore?
«Ho il vantaggio svantaggio di essere assessore da due mesi ma di aver prodotto cultura per 40 anni. Sono sempre stata dall'altra parte. La mia massima priorità è cambiare i tempi. Zingaretti in Provincia era riuscito a riportare i pagamenti a 60 giorni. Vuol dire che è possibile».
Obiettivi concreti?
«Varare con i pochi soldi a disposizione una stagione estiva. Entro l'anno la nuova legge sullo spettacolo dal vivo, che era una legge ponte nel 1978. E poi la revisione della legge sul cinema. E rifinanziare le officine culturali, un ottimo progetto portato avanti da Giulia Rodano. E su tutto una ambizione di metodo».
Sempre in tema di finanziamenti?
«Sì, bisogna reintrodurre l'istituto dell'anticipo. I più piccoli, i più giovani, chi non ha accesso ad altri crediti devono poter contare su un riconoscimento al progetto: si dà un anticipo e si salda poi alla consegna di tutta la rendicontazione. Altrimenti diventa una discriminazione occulta verso i più deboli».
Basterà per superare la crisi?
«Abbiamo tutti paura, ma cosa ci aiuta, se non l'arte? E viverla da spettatori non basta. Il talento oggi non ha cittadinanza e non ha accesso al palcoscenico. Una generazione silente vive dolore e rabbia».
Ha seguito l'incertezza che vive l'Estate romana?
«Fatemi esprimere intanto solidarietà a Maria Ida Gaeta per le infinite difficoltà che ha dovuto affrontare il Festival Letterature. I continui rinvii, le indecisioni, sono la prova, se ce ne fosse ancora bisogno del menefreghismo culturale che ha impoverito Roma. I tempi della cultura chiedono mesi di preparazione. Pensare che uno si alza la mattina e organizza un festival culturale e solo la prova che c'è una politica che non ama la cultura, non la capisce, non la aiuta».
Anche il Premio Strega soffre.
«I dubbi sul finanziamento sono gravissimi. È il più importante premio letterario italiano. Quello a cui aspirano tutti gli scrittori, compresi quelli che ne parlano male. Anch'io l'ho desiderato, sono entrata in cinquina qualche anno fa e ne sono stata felicissima».
Anche lei vuole allestire un programma estivo, come?
«Avremo un appuntamento a Villa Adriana perché vogliamo dare subito un segnale e l'anno prossimo riproporre il Festival. Faremo iniziative sul territorio, valorizzando i luoghi storici come Vulci, per coniugare bellezza, arte e turismo. Il nostro patrimonio è al buio, va illuminato. Io ho fretta, perché è necessario restituire fiducia e occasioni. Cultura non è solo passione, è lavoro per moltissime persone».
È difficile combattere la vorace centralità di Roma?
«Penso al lavoro della Film commission. La nostra regione ha dei set strepitosi. Bisognerà trovare il modo di segnalarli ai produttori che vengono al Festival di Roma. Il Lazio non è solo il capoluogo e ci sono luoghi altrettanto belli e meno faticosi da gestire della metropoli».
Che metodo ha scelto per i primi incontri?
«Ho convocato i rappresentanti di duecento associazioni dello spettacolo dal vivo e ho preso appunti per ore. Non erano abituati a un assessore che ascolta. Il 5 giugno farò la stessa cosa sul cinema».
Tra le sue deleghe ci sono anche le politiche giovanili
«Ed è un'urgenza drammatica, contigua alla cultura. Sono i figli della terza rivoluzione, quella della conoscenza e sono potenziali imprenditori della creatività. Ma dobbiamo aprire loro le porte, snellire la burocrazia, accompagnarli, fare in modo che non si sentano soli. I miei più stretti collaboratori sono trentenni, mi aspetto idee e un confronto continuo».
Si dia un obiettivo, sapendo che le sarà rinfacciato.
«Promettere solo quello che posso mantenere e in tempi chiari. Sarà tutto in rete con un accesso dove si potranno fare domande e ricevere risposte. Siamo al servizio dei cittadini, maneggiamo soldi pubblici, che devono tornare ai cittadini sotto forma di servizi e benefici. Io posso rispondere "non so", "mi sto informando", ma non userò mai una formula opaca o evasiva. Gli evasori verbali mi fanno orrore come gli evasori fiscali».
Fonte: www.corriere.it