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L’anno di svolta della Lirica

Risanamento dei conti con l’elaborazione di piani industriali, rinnovo dei vertici e degli statuti entro fine dicembre: quello che sta per chiudersi sarà ricordato come un anno di svolta per le 14 fondazioni lirico-sinfoniche italiane, chiamate negli ultimi mesi ad affrontare le modifiche organizzative e gestionali e le ristruttrazioni economiche stabilite dalla legge 112 del 2013 (la cosiddetta “Valore cultura”, emanata dall’ex ministro ai Beni culturali Massimo Bray), con l’obiettivo ambizioso di aumentare la produttività della lirica italiana e risanarne i conti disastrati, accentuando la natura imprenditoriale delle fondazioni, soggetti di diritto privato (ma per molti aspetti ancora legati a un modello pubblicistico), introdotti con la legge 367 del 1996.

Verso un nuovo modello gestionale

 

Nei mesi scorsi hanno fatto notizia soprattutto i travagliati processi che hanno portato 8 teatri lirici su 14 (quelli con la situazione economico-finanziaria più compromessa) a redigere i piani di risanamento triennali necessari per accedere ai fondi statali destinati a sanare almeno in parte l’ingente debito pregresso delle fondazioni: 125 milioni di fondo di rotazione più 23 milioni per anticipazioni a fronte di urgenze. Cinque di essi (Trieste, Firenze, Roma, Napoli e Bologna) hanno già avuto il via libera dei ministeri competenti (Beni culturali ed Economia) per ottenere i finanziamenti a tasso agevolato da restituire in 30 anni. A giorni è attesa la validazione da parte della Corte dei conti per l’erogazione dei primi 98,5 milioni. Per gli altri tre (Genova, Bari e Palermo) l’istruttoria è in fase di completamento.

Entro fine dicembre, inoltre, tutte e 14 dovranno rinnovare i propri statuti (tre lo hanno già fatto: Torino, Firenze e Palermo), e nominare i nuovi consigli di amministrazione, che dal 1° gennaio si chiameranno consigli di indirizzo e a loro volta designeranno i nuovi sovrintendenti. Due fondazioni, Scala di Milano e Accademia di Santa Cecilia di Roma, sono al lavoro in queste settimane per adeguare gli statuti a un’importante novità, attesa da tempo e sancita con un decreto ministeriale a inizio ottobre, ovvero il riconoscimento dell’autonomia gestionale.

Lo stato dell’arte

Per comprendere la portata del cambiamento introdotto dalla legge Bray – e dunque il livello di tensione che in diverse occasioni durante gli ultimi mesi è arrivato all’attenzione dei media e del grande pubblico – è utile ricordare alcuni numeri che danno l’idea della situazione in cui versa la lirica italiana. Un sistema «vivo ma fragile», come lo ha definito nella sua relazione in Parlamento, a fine ottobre, il commissario straordinario alla lirica Pier Francesco Pinelli, nominato un anno fa dal Ministero per mettere ordine nei conti dei teatri. Fragile perché dispone di risorse patrimoniali limitate e perché gravato da un debito pregresso che, negli anni, è cresciuto fino a raggiungere i 392 milioni nel 2013. Vivo perché capace di generare ricavi (quasi 520 milioni lo scorso anno, di cui tuttavia il 56% provenienti da fonti pubbliche) e perché negli ultimi anni ha saputo aumentare la produttività, anche se ovviamente la situazione è molto diversa da teatro a teatro.

fonte: Giornale dello spettacolo

Ultima modifica ilMercoledì, 10 Dicembre 2014 11:37