Sole 24 ore: Sting al Bataclan
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«Abbiamo due compiti stasera: ricordare le vittime e celebrare la vita e la musica». Sono da poco passate le 21 quando Sting sale sul palco per spiegare il senso di un concerto in cui la musica è un simbolo di vita, più forte della morte. Una serata speciale che segna la riapertura ufficiale del Bataclan a un anno dall'attacco terroristico dell'Isis in cui 90 persone sono state trucidate. Un concerto “sold out” dopo solo un'ora dalla messa in vendita dei biglietti martedì scorso. Con incasso devoluto interamente alle due principali associazioni dei parenti delle vittime.
Sting parla in francese, l’unica lingua possibile per stabilire una connessione emotiva con le 1.500 persone in sala: 400 di loro sono parenti delle vittime. E prima di cominciare a suonare chiede un minuto di silenzio per i morti della strage, concluso con tre parole scandite: «Non li dimenticheremo».
L’emozione è palpabile. Ed è acuita dal primo brano, “Fragile”, con il quale il cantante inglese inizia il concerto, seguito da una altrettanto evocativa “Message in a bottle”. Poi si passa ai pezzi dell'ultimo album, compresa la magnetica “Insciallah”, che racconta i viaggi dei migranti in cerca di un futuro migliore. A seguire tocca ai grandi classici della sua carriera da solista. Da “Englishman in New York” a “Desert Rose”. Sono le canzoni dei “Police” però a scatenare il pubblico, sospeso tra una compostezza alimentata dal rispetto del dolore e la voglia di ballare. Il ghiaccio si inizia a sciogliere con “Every Breath you take”. Il resto lo fa il giro di basso iniziale di “So lonely”. Ormai l'abisso non fa più paura. Si balla e si salta come in un concerto “normale”. Chiude Roxanne, che Sting racconta essere stata scritta a Parigi. Mentre al Bataclan il cantante inglese ricorda di aver suonato nel 1979 con i Police.
Sting sul palco del Bataclan
Il concerto si prolunga. C'è tempo per un'ultima canzone. Sting da solo sul palco, alla chitarra, intona “Empty chair” (dal suo ultimo album “57th & 9th”) dedicata a James Foley, videoreporter americano ucciso in Siria nel 2014. Poi ringrazia (“merci Bataclan”). E lascia il palco. Non riapparirà. L’emozione compressa trova una via di uscita in un lungo applauso finale che sembra essere un ultimo tentativo per convincere Sting e i suoi musicisti a tornare a suonare. E invece capisci che quell’applauso è un ultimo omaggio alle vittime.
Poi è solo il lento sciamare della folla. Un flusso sorvegliato dalle forze di polizia schierate a protezione del locale (l’area intorno è stata chiusa al traffico e transennata). Sabato 12 novembre, sotto la pioggia battente a Parigi, il Bataclan è tornato a vivere. I 90 morti della strage «non li dimenticheremo».