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Cantate per la giustizia

Il popolare attore hollywoodiano Samuel L.Jackson, dopo le marce di protesta nelle città americane, lancia la sfida ai colleghi affinché si esibiscano su YouTube contro l’intolleranza razziale. L’ultimo lamento di un venditore abusivo è diventato infatti il manifesto contro gli agenti violenti che uccidono uomini di colore senza mai essere incriminati

Come succede spesso quando una protesta nasce, cresce e si moltiplica, arriva il momento in cui la stanchezza ha la meglio. Le tende vengono smontate, come successe per Occupy Wall Street nel 2011. I dimostranti tornano a casa, come accadde con i milioni che manifestarono nel 2006 per la riforma dell'immigrazione. La gente deve lavorare, i giovani devono andare a scuola, e diventa impossibile mantenere la protesta alta. È uno dei problemi che si avvertono oggi a New York e Washington sull'onda delle grandi manifestazioni di sabato per la giustizia razziale e contro la violenza della polizia. Dopo che decine di migliaia di persone hanno sfilato pacificamente, comeevitare che tutto torni nel silenzio? Gli Stati Uniti, e New York in particolare, hanno già attraversato altre stagioni di proteste per simili motivi, che poi sono finite nel nulla: lo ha ricordato con pena la mammadi Amadou Diallo, il 23enne nero disarmato che nel 1999 venne ucciso da quattro poliziotti bianchi, poi assolti. Dal palco di Washington, la signora Kadiatou ha mostrato la copertina di Time che in quei giorni venne dedicata alla violenza della polizia, ha ricordato le manifestazioni e ha concluso: «Sedici anni dopo, siamo qui a protestare per le stesse ragioni».
L’IDEA
Ma, rispetto al 1999, ci sono Internet,
i social network, Twitter, e soprattutto YouTube. C'è la possibilità di tenere viva la protesta anche senza bisogno di sfilare per strada. È da questa riflessione che uno dei grandi di Hollywood ha deciso di scendere nella piazza virtuale e lanciare una sfida. Samuel Jackson, interprete di innumerevoli blockbusters, ma anche uno degli attori più impegnati politicamente, ha tratto ispirazione dalla famosa sfida a catena del "secchio di ghiaccio", che la scorsa estate ha fruttato 100 milioni di dollari alla ricerca contro la Sla e ha proposto una "sfida a catena" ai colleghi perché cantino su YouTube l'inno delle proteste antirazziali. L'inno è nato nelle strade di New York dopo che il grand jury ha rifiutato di incriminare il poliziotto Daniel Pantaleo, uno dei cinque che lo scorso luglio aveva fermato un venditore abusivo di sigarette, praticando la "presa a strangolamento".
Caduto a terra, il 43enne Eric Garner aveva ripetuto undici volte "I can't breathe", non riesco a respirare. Mite e disarmato, Garner era morto così su un marciapiedi di Staten Island, ammanettato.
L'assoluzione di Pantaleo è venuta dopo l'assoluzione del poliziotto Darren William, che aveva ucciso un diciottenne a Ferguson, nel Missouri, e dopo altre morti di giovani di colore disarmati uccisi da poliziotti bianchi a New York, Cleveland, Phoenix. La gente ha cominciato a sfilare, ed è nata la canzone ispirata all'estremo rantolo di Garner. E quella tragica singola frase - "I can't breathe" - è entrata a far parte degli slogan della protesta
razziale.

LA DIFFERENZA
Vari atleti hanno indossato magliette con questa frase durante le partite di basket: Kobe Bryant e i Los Angeles Lakers, Le Bron James e i Cleveland Cavaliers, Wesley Matthews e i Portland Trail Blazers. Domenica c'è stata a New York la prima del film Selma, dedicato alla famosa marcia guidata da Martin Luther King nel 1965 nella cittadina dell'Alabama.
Una grande marcia pacifica che venne "caricata" dalla polizia con estrema violenza. Il film, prodotto da Oprah Winfrey, esce in questi giorni di rinnovata lotta, e alla serata tutti gli attori, insieme alla regista Ava DuVernay, hanno indossato una maglietta con la stessa frase.
Ma, a differenza della maglietta, la canzone parla apertamente della "violenza della polizia razzista". Questa non è un'opera di beneficenza come la sfida del secchio di ghiaccio, in cui tutti possono riconoscersi. È una iniziativa politica, lanciata da un attore famoso anche per il suo passato da Pantera Nera, in posizioni che molti nel Paese considerano estremiste. E ci possono essere star che non vogliono inneggiare contro la polizia, e star che pensano che alcune delle sparatorie in cui dei giovani di colore sono morti fossero giustificabili. È utile ricordare che la scorsa estate un'altra star, Orlando Jones, aveva tentato una simile iniziativa: il secchio pieno di pallottole per protestare contro il razzismo della polizia. Ma praticamente nessuno lo aveva seguito.

Last modified onWednesday, 17 December 2014 11:33