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Vasco, scontro sui tornelli il via libera arriva in serata

Sulla via che porta al palco, l'ultimo l'ostacolo è il più letterale che si possa immaginare. L'allarme, alla vigilia del concerto che riapre il San Paolo alla musica, lo lancia Roberto De Luca, presidente di Live Nation Italia, che da anni cura l'organizzazione dei tour di Vasco. «Abbiamo ricevuto dalla società che gestisce i tornelli una comunicazione nella quale si parla di una disposizione da parte del Calcio Napoli per inibire l'uso dei tornelli». Una grana non da poco, resa nota ieri pomeriggio nel corso dell'incontro tra il sindaco de Magistris e il rocker di Zocca, alla presenza dell'organizzatore Peppe Gómez. «Se così fosse, con cinquantamila persone che devono entrare da unici varchi, si porrebbero problemi di ordine pubblico. Per questo abbiamo allertato la Questura», dice De Luca.

Una fibrillazione che va ad aggiungersi a quelle che hanno segnato il percorso di avvicinamento ad un concerto che molto prima che si accendessero gli amplificatori ha prodotto un sonoro rumore di fondo: quello delle polemiche. E sì che il sindaco de Magistris s'era svegliato lanciando l'entusiasmo oltre le schermaglie: «Come in tutte le capitali del mondo, piazze e stadio aperti alla musica, alla gente. Napoli sempre più in alto. Vasco Rossi nello stadio San Paolo, emozioni grandi in una cornice fantastica. Con l'impegno degli organizzatori che il manto erboso non subirà alcun danno per l'inizio delle attività sportive», aveva vergato su Facebook di buon mattino. «Le cose fatte qui sono più difficili: ma più belle», dirà poi De Magistris parlando con Vasco.

La doccia fredda è arrivata diverse ore dopo. Mentre al Comune studiavano metodi di filtro alternativi, però, i tornelli che minacciava no di sbarrare la strada al popolo di Vasco si sono riaperti. Come, lo spiega il direttore marketing del Calcio Napoli Alessandro Formisano. Non senza un certo disappunto. «Fa sorridere che questi grandi professionisti che si permettono di bacchettare tutti si riducano all'ultimo momento per chiedere l'utilizzo dei tornelli», premette con ironia. «Alle 12 45 di oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo ricevuto un fax nel quale il Comune ci chiedeva di utilizzare i tornelli e di mettere a disposizione una persona per far funzionare i server che li controllano».

A questo punto è utile una postilla: i tornelli della discordia, anche se costruiti dal Napoli nel 2007, sono di proprietà del Comune. «Che, per inciso, non li ha mai pagati. Parliamo di circa due milioni di euro, ma questa è un'altra storia», dice Formisano, che in questo momento vuole soprattutto rispondere a chi aveva avanzato il dubbio di un atto ostruzionistico da parte del club. «Abbiamo inviato al Comune sottolinea - un elenco delle attività di manutenzione necessarie, che nel corso dell'anno hanno ignorato. Noi i tornelli li abbiamo chiusi il 31 maggio per riaprirli il 30 agosto.

Il Comune e gli organizzatori non si possono svegliare 24 ore prima dell'evento per chiederci di riattivarli. Nonostante questo, abbiamo dimostrato grande disponibilità: abbiamo chiamato il manutentore per riattivarli e abbiamo trovato l'operatore che ci hanno chiesto. Naturalmente, il costo dell'intervento, poche migliaia di euro, è a carico degli organizzatori». Paura disinnescata, dunque. Ma le apprensioni avanzano da altri fronti. C'è da risolvere il problema tutto partenopeo di un limite che definisce l'escursione massima tra frequenze alte e frequenze basse in occasione dei concerti. Molto più della normale deroga sui decibel che i sindaci di tutte le città devono autorizzare in questi casi. Ancora, c'è il nodo del trasporto pubblico. Non essendo giunte richieste in questo senso ne dalla Regione ne dal Comune, non ci sarà l'atteso prolungamento delle corse della linea 2 del metrò, quello dei Campi Flegrei.

E il servizio di autobus notturni non sarà rafforzato. Il timore è che migliaia di persone possano restare ostaggio di Fuorigrotta. Intanto, ai margini dell'area pedonalizzata si fregano le mani i parcheggiatori abusivi. L'unica cosa certa è che stasera, dopo undici lunghi anni di silenzio, Vasco Rossi plana sullo stadio San Paolo. L'unica cosa certa è che quando di colpo comincerà lo show le polemiche sfumeranno in un "fade out". Resteranno seppellite sotto la valanga del rock.

fonte: Il Mattino

Vasco, scontro sui tornelli il via libera arriva in serata

Sulla viache porta al palco, l'ultimo l'ostacolo è il più letterale che si possa immaginare. L'allarme, alla vigilia del concerto che riapre il San Paolo alla musica, lo lancia Roberto De Luca, presidente di Live Nation Italia, che da anni cura l'organizzazione dei tour di Vasco. «Abbiamo ricevuto dalla società che gestisce i tornelli una comunicazione nella quale si parla di una disposizione da parte del Calcio Napoli per inibire l'uso dei tornelli». Una grana non da poco, resa nota ieri pomeriggio nel corso dell'incontro tra il sindaco de Magistris e il rocker di Zocca, alla presenza dell'organizzatore Peppe Gómez. «Se così fosse, con cinquantamila persone che devono entrare da unici varchi, si porrebbero problemi di ordine pubblico. Per questo abbiamo allertato la Questura», dice De Luca. Una fibrillazione che va ad aggiungersi a quelle che hanno segnato il percorso di avvicinamento ad un concerto che molto prima che si accendessero gli amplificatori ha prodotto un sonoro rumore di fondo: quello delle polemiche. E sì che il sindaco de Magistris s'era svegliato lanciando l'entusiasmo oltre le schermaglie: «Come in tutte le capitali del mondo, piazze e stadio aperti alla musica, alla gente. Napoli sempre più in alto. Vasco Rossi nello stadio San Paolo, emozioni grandi in una cornice fantastica. Con l'impegno degli organizzatori che il manto erboso non subirà alcun danno per l'inizio delle attività sportive», aveva vergato su Facebook di buon mattino. «Le cose fatte qui sono più difficili: ma più belle», dirà poi De Magistris parlando con Vasco. La doccia fredda è arrivata diverse ore dopo. Mentre al Comune studiavano metodi di filtro alternativi, però, i tornelli che minacciava no di sbarrare la strada al popolo di Vasco si sono riaperti. Come, lo spiega il direttore marketing del Calcio Napoli Alessandro Formisano. Non senza un certo disappunto. «Fa sorri- dere che questi grandi professionisti che si permettono di bacchettare tutti si riducano all'ultimo momento per chiedere l'utilizzo dei tornelli», premette con ironia. «Alle 12 45 di oggi (ieri per chi legge, ndr) abbiamo ricevuto un fax nel quale il Comune ci chiedeva di utilizzare i tornelli e di mettere a disposizione una persona per far funzionare i server che li controllano». A questo punto è utile una postilla: i tornelli della discordia, anche se costruiti dal Napoli nel 2007, sono di proprietà del Comune. «Che, per inciso, non li ha mai pagati. Parliamo di circa due milioni di euro, ma questa è un'altra storia», dice Formisano, che in questo momento vuole soprattutto rispondere a chi aveva avanzato il dubbio di un atto ostruzionistico da parte del club. «Abbiamo inviato al Comune sottolinea - un elenco delle attività di manutenzione necessarie, che nel corso dell'anno hanno ignorato. Noi i tornelli li abbiamo chiusi il 3
1 maggio per riaprirli il 30 agosto. Il Comune e gli organizzatori non si possono svegliare 24 ore prima dell'evento per chiederci di riattivarli. Nonostante questo, abbiamo dimostrato grande disponibilità: abbiamo chiamato il manutentore per riattivarli e abbiamo trovato l'operatore che ci hanno chiesto. Naturalmente, il costo dell'intervento, poche migliaia di euro, è a carico degli organizzatori». Paura disinnescata, dunque. Ma le apprensioni avanzano da altri fronti. C'è da risolvere il problema tutto partenopeo di un limite che definisce l'escursione massima tra frequenze alte e frequenze basse in occasione dei concerti. Molto più della normale deroga sui decibel che i sindaci di tutte le città devono autorizzare in questi casi. Ancora, c'è il nodo del trasporto pubblico. Non essendo giunte richieste in questo senso ne dalla Regione ne dal Comune, non ci sarà l'atteso prolungamento delle corse della linea 2 del metrò, quello dei Campi Flegrei. E il servizio di autobus notturni non sarà rafforzato. Il timore è che migliaia di persone possano restare ostaggio di Fuorigrotta. Intanto, ai margini dell'area pedonalizzata si fregano le mani i parcheggiatori abusivi. L'unica cosa certa è che stasera, dopo undici lunghi anni di silenzio, Vasco Rossi plana sullo stadio San Paolo. L'unica cosa certa è che quando di colpo comincerà lo show le polemiche sfumeranno in un "fade out". Resteranno seppellite sotto la valanga del rock.

Il manager di Vasco Rossi: «Danni inevitabili al prato dello stadio San Paolo ma rimedieremo»

«I danni al prato ci saranno. È inevitabile. Ma saranno di pochissimo conto, quasi irrilevanti. E noi pagheremo, come pattuito e come d’accordo con il Comune. D’altronde lo abbiamo fatto in ogni stadio dove abbiamo portato Vasco Rossi o altri grandi musicisti». Peppe Gomez è uno dei manager musicali più famosi di Napoli. È un veterano di eventi di questa dimensione e ha tra l’altro già organizzato una decina di concerti del rocker più famoso in giro per l’Italia. È quasi infastidito dalle tensioni intorno a questo appuntamento napoletano, allarga le braccia davanti a quello che gli sembra una vera esagerazione.

Cosa succede?
«Succede che a Napoli non si riesce a fare con tranquillità quello che si fa normalmente in altre città d’Italia. Eppure qui stiamo utilizzando gli stessi, identici, protocolli che si applicano negli altri stadi».

Però il palco ieri mattina era sul campo. E il Napoli non vi aveva autorizzato.
«Il Comune ci ha scritto che potevamo farlo. Noi come interlocutore non abbiamo il club azzurro ma il Comune. Abbiamo scoperto che nessuno aveva detto al Napoli quello che era stato invece detto a noi: ovvero di poter procedere a montare il palco sul terreno. Forse c’è stato un fraintendimento».

Voi l’avete subito rimosso?
«Abbiamo preso atto che il Napoli non ne sapeva nulla. Noi non abbiamo nessun interesse a rovinare il campo di gioco, non entriamo negli stadi per distruggere l’erba. Noi organizziamo concerti. All’Olimpico, a San Siro e ovunque, abbiamo sempre rimesso tutte le cose al loro posto, senza alcuna ripercussione sulle attività sportive».

E il Napoli?
«E il Napoli è qui (indica Cassano che ascolta a pochi metri, ndr) a dirci che noi rovineremmo il prato con il nostro palco. Voglio essere chiaro ancora una volta: adotteremo anche le ulteriori precauzioni che ci chiede l’agronomo del Napoli anche se questo ci costerà tempo e denaro».

Ovvero?
«Già da stanotte abbiamo previsto turni per fare in fretta. Vuol dire che saranno ancora più serrati e che invece di trenta operai ne lavoreranno quaranta».

Farete in tempo per venerdì o c’è qualche rischio?
«Macché! Nessun rischio, il concerto di Vasco si farà e faremo gli straordinari per completare i lavori in tempo. Sono stati venduti quasi 50mila biglietti, sarà una festa di musica eccezionale».

E il campo?
«Sostituiremo le zolle che eventualmente rovineremo a nostre spese seguendo le indicazioni del Napoli. È tutto previsto».

Anche un non esperto, nota facilmente che dove c’erano i pannelli il terreno di gioco non è verde come nel resto del campo.
«Normale. Nessuno ha mai detto che restituiremo il terreno del San Paolo così com’era. L’agronomo del Napoli ci dirà dove e come intervenire dopo il concerto. E noi lo faremo seguendo le sue indicazioni».

fonte: Il Mattino.it
http://www.ilmattino.it/NAPOLI/CRONACA/vasco-rossi/notizie/1438758.shtml

Spera, presidente di Assomusica: «Le statistiche parlano chiaro, i prati sono salvi

Quello di Vincenzo Spera è un nome ben noto agli addetti ai lavori del fronte del palco, appena confermato ai vertici di Assomusica, l'associazione dei produttori e organizzatori italiani di spettacoli musicali dal vivo, la Confindustria del music business, insomma. È nato a Salvitelle, piccolo comune (600 e passa anime) della provincia di Salemo, dove ha cominciato ad organizzare show nel 1971, prima di «emigrare» a Genova, dove tutt'ora vive e lavora, portando sul palco nomi del calibro di Ray Charles, Frank Sinatra, Eric Clapton, Ella Fitzgerald, Miles Davis, Elton John. L'eco delle polemiche sul San Paolo lo fanno arrabbiare due volte e vergognare due volte, «da presidente di Assomusica e da campano».

Perché arrabbiare e perché vergognare?
«Arrabbiare perché si tratta di una querelle senza senso. Le statistiche, i dati delle Camere di commercio di tutt'Italia, dicono che i concerti negli stadi producono denaro per tutti, sono volano turistico oltre che offerta di lavoro e, naturalmente, occasione culturale e sociale importante. A Milano, Torino, Roma, ma anche a Firenze, Verona, Padova, Belluno e Messina si canta e si suona negli stadi e senza che siano mai stati registrati problemi particolari al manto erboso: quando, raramente, è successo, come da contratto l'organizzatore paga, fa sostituire a sue spese le zolle in questione e la squadra di casa gioca sul miglior manto erboso possibile: capisco, viste le mie origini, quanto conti l'amore per il Napoli, ma non si può far scoppiare la guerra tra i napoletani che amano il calcio e quelli che amano il buon sound. A ogni concerto si calcola che il 40% delle presenze venga da fuori città, spendendo due o tré volte il prezzo del biglietto.
La stagione 2014 di San Siro, stadio che ormai è noto come "la Scala della musica", ha prodotto un indotto di 22 milioni di euro, i soli Rolling Stones a Roma di circa 12».

La rabbia è spiegata. E la vergogna?
«Napoli, capitale culturale e di musica che sento un po' anche la mia città, non può vietare gli spazi alla musica, è un non sense, una debacle. Erano arrivate buone notizie: la riapertura del San Paolo, con Vasco venerdì e il 26 luglio con Jovanotti, la riapertura di piazza del Plebiscito, ora... Nel 1982 ho avuto la fortuna di collaborare con David Zard all'evento dei Rolling Stones allo stadio: Napoli tornò nel circuito musicale che contava, anche allora si fecero tante polemiche per il manto erboso, ma dopo un mese era tutto a posto. Mi vergogno, da campano, che Napoli non abbia uno stadio, un palasport, una casa della musica in grado di ospitare i grandi tour. Niente contro gli eventi a Castelmorrone o a Eboli, ma ci rendiamo conto di come trattiamo i ragazzi campani costretti a fare chilometri, decine o centinaia che siano, per vedere i loro beniamini? Di quanti soldi di indotto buttiamo al vento, quante possibilità di lavoro sprechiamo? Senza dimenticare poi che il decennio e passa di silenzio ha disabituato il pubblico ai concerti, alla prevendita... Il Komandante Vasco ci ha dato una bella mano a tornare sulla giusta strada, non sprechiamo il lavoro fatto solo perché la società calcistica e il Comune non sanno dialogare tra di loro».

Per bocca del responsabile delle operazioni vendite e marketing, Alessandro Formisano, il Napoli chiede almeno concerti senza spettatori sul prato, spera che si possa fare così almeno per Jovanotti.
«Mi riarrabbio e mi rivergogno. Chi discute di queste cose deve avere i numeri, le cifre, le statistiche alla mano, come sto facendo io, non si improvvisa sulla pelle di artisti e protagonisti dello showbusiness. I pannelli messi a copertura del manto erboso costano, manutenzione compresa, 70-80.000 euro, non sono messi lì per decorazione. E la storia dei concerti in Italia ci dice che non è il calpestio degli spettatori a rovinare, quando raramente succede, un manto erboso, ma un muletto che esce dalla traettoria prevista, u
n errore di questo tipo. E la stessa storia ci dice che quell'errore è riparato velocemente, a spese dell'organizzatore, che versa una cauzione proprio per questo».

Morale della polemica?
«Le aziende che Assomusica rappresenta lavorano nell'Italia in crisi e affrontano la crisi della musica, per gli artisti che rappresentiamo il palco è diventata l'unica occasione di guadagno, visto lo stato della discografia. L'allestimento di uno spettacolo dura due-tre giorni, poi c'è lo show, tre ore di emozioni, adrenalina, giovani che stanno bene insieme, che cantano versi d'amore e riflessione. Il nostro lavoro ha a che fare con l'arte, ma anche con l'edilizia: per forza di cose, i nostri cantieri si aprono e si chiudono nei tempi previsti. Regaliamo buone emozioni, cultura, occasione di stare insieme senza la violenza che dilaga negli stadi per le partite, non certo per i concerti. Producono lavoro, economia. Una città chiusa ai concerti è una città spenta, una capitale della musica come Napoli non può restare in silenzio. Mi auguro che dopo gli eventi Vasco Rossi e Jovanotti ci si possa mettere tutti intorno a un tavolo e restituire alla città il suo stadio, aperto al calcio, aperto alla musica, aperto ai napoletani. E con un manto erboso da sogno su cui i campioni di casa facciano goal degni della poesia, e della classifica, di Maradona». 

fonte: Il Mattino

 

Il grosso grasso mercato dei concerti in mano alle multinazionali

I numeri hanno tutti segno più. Mentre le vendite dei dischi sono in picchiata, gli ultimi dati di Assomusica dicono che nel 2014 gli ingressi nei concerti dal vivo di tutta Italia sono aumentati del 5% e gli incassi del 6 per cento. A trainare sono i grandi nomi del rock, del pop e del metal. Eventi live che riempiono stadi, anfiteatri, palazzetti e luoghi storici, come il Circo Massimo di Roma, di centinaia di migliaia di persone. E che dietro hanno un mondo fatto di società di promoter e organizzatori sempre più schiacciati dalla presenza ingombrante delle grandi multinazionali. Una torta da 400 milioni di euro l’anno, occupata in gran parte dal ramo italiano del colosso americano Live Nation, che in media organizza nel nostro Paese due concerti al giorno (come ha dichiarato il presidente Roberto De Luca in una intervista a Rolling Stone). Nel mondo, recita uno slogan sul sito della multinazionale, ogni 20 minuti comincia un concerto organizzato da Live Nation.

«L’arrivo delle multinazionali ha cambiato molto il settore», racconta Claudio Trotta, da 36 anni alla guida della sua BarleyArts, che in Italia si occupa dell’organizzazione dei concerti di grandi artisti come Bruce Springsteen e Ac/Dc. «Hanno comprato agenzie, fanclub, database, società di rivendita dei biglietti, penetrando in tutta la filiera dei live. Una sorta di Big Brother dell’entertainment». Di cui Live Nation è al comando, vendendo oltre 30 milioni di biglietti in giro per il mondo. La BarleyArts, pur mantenendo grandi nomi come Bruce Springsteen e Ac/Dc, ha diversificato gli affari nell’organizzazione di grandi mostre internazionali, edutainment e festival legati al cibo. «Negli anni ho perso pezzi della mia attività», dice Trotta. «Le grandi multinazionali fanno accordi a monte e comprano le agenzie che rappresentano in Europa gli artisti».

Se prima l’industria della musica dal vivo era suddivisa in diverse parti - artisti, promoter, location dei concerti, biglietti, pubblicità e sponsor - , Live Nation ha unito tutto in un’unica piattaforma. La Live Nation Entertainment, presente in 33 Paesi, ha messo le mani sui diversi livelli della produzione di musica live. La società madre, quotata a Wall Street, è una matriosca composta a sua volta da quattro diverse società: Ticketmaster, leader mondiale nella vendita dei biglietti per gli eventi con oltre 26 milioni di visitatori unici al mese; Live Nation Concerts, che produce più di 20mila spettacoli all’anno per oltre 2mila artisti; Front Line, che gestisce direttamente il management di oltre 250 artisti; Live Nation Network, che si occupa invece del marketing e della pubblicità.Una sola piattaforma agisce quindi sia come un promoter, sia come rivenditore di biglietti, sia come gestore degli sponsor degli eventi live, sia come manager diretto degli artisti, ma anche come gestore delle location dei concerti. Un segmento, quest’ultimo, che assicura guadagni anche sulla vendita del merchandising durante i live. Con una struttura del genere, controllando l’intera filiera, il colosso americano si occupa dell’organizzazione dei concerti da Vasco Rossi a Lady Gaga. Nella campagna acquisti del 2014 si sono aggiunti nomi del calibro di MadonnaU2, Miley Cyrus, Britney Spears, Alicia Keys. Con questi artisti, la casa madre di Live Nation stringe gli accordi esclusivi a monte, assicurandosi poi l’organizzazione dei concerti nei diversi Paesi in cui è presente. Per fare un esempio, se Madonna fa un concerto in Italia, lo organizza Live Nation.

Era l’inizio degli anni Duemila quando il colosso americano arrivò in Italia. Si chiamava ancora Clear Channel. E cercò di comprare le agenzie allora esistenti sulla piazza italiana. «Sono venuti anche da me», racconta Trotta, «ma non ho accettato». Colui che invece cedette agli americani la sua Milano Concerti fu Roberto De Luca, oggi a capo di Live Nation Italia, con un fatturato da 100 milioni di euro. Da allora, la multinazionale ha assorbito altre agenzie, come la Live in Italy di Andrea Pieroni, finendo così per radunare il numero più elevato di artisti italiani e internazionali sotto lo stesso cappello. Alcuni di questi sottratti ai competitor. Come Sting, “rubato” alla Barley Arts. 

Un’operazione simile è quella che ha fatto Warner Music Italia, che da etichetta discografica si è espansa negli anni anche nel mondo degli spettacoli dal vivo. Prima entrando con una quota di maggioranza nell’agenzia F&P Group di Ferdinando Salzano, leader di mercato nell’organizzazione dei concerti di artisti italiani, e poi, nel 2011, acquisendo la Vivo Concerti (prima conosciuta con il nome Indipendente) di Corrado e Sandro Rizzotto. I due nomi dietro al famoso concerto dei Nirvana al Bloom e all’avvento dei Ramones in Italia, ci tengono a precisare dalla società. La stessa cosa fece la Sony guidata da Rudi Zerbi, quando nel 2008 acquisì la International Music and Arts di Francesco Cattini.

Mentre i ricavi dalle vendite dei dischi continuavano a scendere, il settore del live ha mantenuto il segno più, attirando l’attenzione delle grandi etichette internazionali. Il concerto live è diventato il tassello di una strategia digestione degli artisti a 360 gradi, dallo studio di registrazione al live. Molti promoter hanno accettato di entrare in questa nuova organizzazione di mercato, facendosi assorbire dalle major; altri ne sono rimasti fuori, vedendosi sottrarre sempre più fette di mercato. Alla fine, in Italia sono in pochi, se non pochissimi, a spartirsi i grandi eventi di musica live. Con due grandi nomi come Live Nation e Vivo Concerti a dominare il mercato. Altro grosso nome del mercato è la D’Alessandro & Galli, fondata nel 1987 da Mimmo D’Alessandro e Adolfo Galli, che oggi fatturano 32 milioni di euro. Ci sono loro dietro il concertone dei Rolling Stones al Circo Massimo a Roma nel giugno 2014. Altri nomi, come la Trident, si concentrano su pochi nomi (Jovanotti in primis). E poi c’è la galassia dei promoter che seguono i nomi della musica non mainstream e del mondo cantautorale.

Negli Stati Uniti Live Nation è stata più volte accusata dai piccoli promoter diposizione dominante e comportamenti anticoncorrenziali. Attirando anche l’attenzione dell’Antitrust inglese per la battaglia ingaggiata con l’altro colosso dei live, la AEG di Philip Anschutz, per i contratti di gestione delle principali location londinesi, come Hyde Park e la Wembley Arena. 

Il cachet di solito è quello che fa propendere l’artista per un promoter o per un altro. I grandi colossi, come Live Nation, in questo sono forti, riuscendo ad assicurare agli artisti grosse parti del cachet prima della performance live. In alcuni casi ci sono rapporti consolidati che durano da anni, in altri casi invece è la location che conta per l’artista. Se il promoter riesce ad aggiudicarsi un posto particolare, come l’autodromo di Imola o il Circo Massimo, ha un valore aggiunto. «Ci troviamo a competere con soggetti che hanno una disponibilità economica che li mette in condizione di superare largamente ogni nostra offerta», spiegano dalla D’Alessandro & Galli. «Quindi ancora più di prima prendono valore le idee che uno è in grado di proporre sia agli artisti che al pubblico. Siamo sicuri che la nostra non era l’offerta più alta che iRolling Stones hanno ricevuto dall’Italia, ma siamo comunque riusciti a conquistarli con l’idea di farli suonare in un luogo di assoluto fascino come il Circo Massimo».

Uno degli effetti dell’ingresso delle multinazionali nel settore è stato l’innalzamento dei prezzi dei biglietti con percentuali a due cifre anno dopo anno, a cui tutti gli attori del mercato si sono adeguati. Alcune volte i prezzi dei biglietti sono giustificati dalle spese di gestione, dicono gli addetti del settore, altre volte no. Forse è anche per questo che gli incassi continuano a crescere, nonostante la crisi, portandosi a quota 221,3 milioni, trainati da un “popolo” di 6,1 milioni di spettatori (+5,1%). Il grosso del mercato, va detto, è concentrato in pochi grandi nomi nazionali e internazionali, e soprattutto nel Nordovest del Paese, dove si registrano incassi da 95,6 milioni. In cima ai guadagni, spiegano da Assomusica, ci sono i tour negli stadi. E indovinate chi è il promoter che ne organizza di più?

fonte: Linkiesta.it
http://www.linkiesta.it/concerti-dal-vivo-italia-live-nation

Vasco, Jovanotti e gli altri: i big scelgono il San Paolo, è scontro sull'uso dello stadio

Sembrava che sul San Paolo fosse scoppiata la pace tra DeMa e DeLa, tra il sindaco e il presidente, tra Napoli e il Napoli, tra Luigi de Magistris e Aurelio De Laurentiis. Macché, era apparenza, perché non si cancellano dieci anni di ostilità (cominciate, in verità, con l’amministrazione precedente) con un selfie nella tribuna d’onore dello stadio.

E così, ieri mattina, sono ripartite le ostilità. A sparare a zero, con l’irruenza che lo caratterizza, è ancora una volta il patron azzurro. Lo fa via radio, durante un’intervista. Dice DeLa: «Io non ho fatto concerti per dieci anni, ora arriva il sindaco De Magistris, sbarbatello e fa i concerti al San Paolo». Una bordata che DeMa non poteva tenersi e non si è tenuta: «Non cado in provocazioni, forse De Laurentiis stava pensando al nuovo film di Natale, ma qui siamo a Napoli non alla Filmauro». Stop. non ha aggiunto altro, lui solitamente logorroico.

Il casus belli è l’avvicinarsi della scadenza dei due concerti in programma a Fuorigrotta: Vasco Rossi, il 3 luglio, e Jovanotti, il 24 luglio, per i quali è previsto che il pubblico entri nell’inviolabile prato verde di Hamsik e Higuain. C’erano state solo frizioni, finora, ma il temporale tropicale era annunciato ed è scoppiato. De Laurentiis s’è concessa una sfuriata a microfoni aperti e bollenti. L’impennata della polemica con toni improvvisamente aspri non è casuale. Arriva a pochi giorni dalla scadenza (il prossimo 30 giugno) del rinnovo per la convenzione tra Comune e Calcio Napoli per l’uso dello stadio. Proprio sfruttando la vacatio, il Comune ha inserito, prima del rinnovo, i due concerti. Creando il caso, ben sapendo che DeLa non avrebbe abboccato.

FONTE: Il Mattino.it

M.E.I. 2015, TRA IL PRIMO E 4 OTTOBRE A FAENZA IL MEETING DELLE ETICHETTE INDIPENDENTI

Nonostante la scorsa edizione fosse stata annunciata come "ultima", il Meeting delle Etichette Indipendenti organizzato da Giordano Sangiorgi tornerà anche nel 2015: l'happening, hanno comunicato oggi gli organizzatori, si terrà nella sede storica di Faenza tra i prossimi primo e 4 ottobre. Tra i primi ospiti confermati sono stati annunciati i Bisca, Ruggero dei Timidi e Ciccio Merolla. Nel direttivo dell'evento figurano, tra gli altri, il Piotta, i giornalisti Federico Guglielmi e Stefano Zurlo e il produttore, discografico e saggista Giampiero Bigazzi.

fonte: Rockol.it

 

Con la musica, per un’estate o per sempre

Se ai tempi del liceo suonavate e sognavate di sfondare in campo musicale ma poi la vita vi ha portato in un’altra direzione, sappiate che non è detta l’ultima parola: la “filiera” della musica, in barba alla crisi, offre ancora opportunità lavorative. Che si tratti dell’impiego di un’estate sola o quello di tutta la vita.
Da un lato c’è infatti l’industria dei concerti che in un anno genera più di 300mila posti di lavoro “a chiamata”, dall’altro la discografia che, a seguito di un delicatissimo processo di assestamento, cerca profili in tre direzioni: A&R (artisti e repertorio), tecnologie digitali e sfruttamento economico del diritto d’autore. Il settore si è rimesso in pista: secondo l’ultimo rapporto «Io sono cultura» di Fondazione Symbola e Uinoncamere, la musica nel 2014 ha prodotto un valore aggiunto di 428 milioni per un totale di 5mila lavoratori stabili. Sul versante discografico, «gli ultimi anni – spiega il presidente di Fimi, Enzo Mazza – sono stati caratterizzati da una complessa fase di riorganizzazione, al termine della quale il comparto ha ritrovato un punto di equilibrio nella divisione al 50% dei ricavi tra fruizione digitale e vendita dei supporti fisici. E le aziende hanno ricominciato a guardarsi intorno». 
Il comparto dei concerti, secondo il presidente di Assomusica Vincenzo Spera, «attraversa una fase di grande vivacità testimoniata dagli incassi in crescita. Le aziende organizzano più eventi e si moltiplicano le opportunità di lavoro per i cosiddetti “stagionali” della musica», i contrattisti a chiamata che svolgono tutte le mansioni necessarie all’organizzazione di un evento. Con il quadro attuale, secondo Assomusica, in un anno i concerti generano oltre 317mila posti di lavoro a chiamata. Con professionalità, responsabilità e retribuzioni molto diverse: si va da un direttore di produzione che può arrivare a 600 euro a serata, ai rigger (arrampicatori da palcoscenico) che si attestano intorno ai 400 euro, fino alle mansioni meno qualificate, la cui giornata base è pari a quella di un barista o di un cameriere. Una parte del personale è direttamente legata alle produzioni e segue l’intero tour, un’altra – assunta da aziende dell’indotto – viene reclutata sul territorio. 
Lo sforzo organizzativo maggiore riguarda gli eventi da stadio che impiegano dalle 500 alle mille unità ciascuno. «Se consideriamo i soli tour negli stadi – sottolinea Roberto De Luca, presidente di Live Nation, impresa leader di settore – in un’estate diamo lavoro ad almeno 12mila persone». Live Nation è una multinazionale e, sul proprio sito web, offre ai più intraprendenti 34 opportunità di carriera. Con base nel Regno Unito, però. Poi ci sono i festival. Il Lucca Summer, evento clou della D’Alessandro & Galli, impiega 1.200 persone. «Ci piacerebbe far crescere le opportunità di lavoro stabile – spiega Mimmo D’Alessandro – ma la legislazione italiana non offre adeguato sostegno a chi fa una scommessa del genere». Barley Arts, storica agenzia di Claudio Trotta, conta di reclutare nel medio termine tre collaboratori, nelle aree marketing, commerciale e social.
Più complessa – perché minori sono i posti disponibili - è la strada che porta a lavorare per le case discografiche. Che comunque assumono: «Entro i prossimi due anni – spiega Antonio Labate, direttore Hr di Sony Music – l’idea è mettere in squadra sei persone, equamente divise tra i segmenti digitale, A&R e brand partnership». Sul primo fronte si cercano «profili junior che abbiano dimestichezza con le nuove piattaforme di streaming e coi social», sul secondo (artisti e repertorio) si punta su «profili senior che capiscano di musica e conoscano il mercato», sul terzo si guarda con interesse ai laureati in legge esperti di diritto d’autore: «Si tratta – spiega Labate – di mettere a profitto artisti e canzoni attraverso le sponsorizzazioni». Si assumerà con il contratto a tutele crescenti. 
Tra le indipendenti, Sugar ha messo in piedi addirittura un “Progetto Cantera” per individuare i giovani talenti della discografia che sarà. «Nel medio termine – spiega il direttore generale, Andrea Cotromano – ci piacerebbe inserire tre giovani divisi per le aree A&R, sviluppo e sfruttamento del diritto d’autore». A caccia di talenti anche Carosello Records. «Puntiamo ad arricchire il team – precisa il direttore Dario Giovannini – con quattro figure, tra la promozione web e l’area sponsor e assistenza legale». Perché, per le major come per le “indie”, la sfida è la stessa: promuovere la musica sfruttando i nuovi canali digitali e generare ricavi anche attraverso percorsi non convenzionali.

fonte: Il Sole 24 Ore

De Luca: «Solo ai concerti il pubblico resta protagonista»

STASERA farà il bis a San Siro conVasco Rossi. Sabato debutteràconTiziano Ferro all’OlimpicodiTorino.

Dove,indoor,il4 e5settembreriappariràcongli U2e il 19, 21, 22 novembre con Madonna.PerRobertoDeLuca, presidente e amministratore delegato di Live Nation Italia, fare concerti ha una curiosa similitudine con la bicicletta: «Puoi pedalareper60chilometri e non sentirli. Il segreto è sempre l’allenamento». Parole profetiche.Nel2014il fatturato globale del “touring” hasuperatoi20miliardi di dollari. Ed è in crescita. «Ho sempredettochelamusicadal vivo avrebbe resistito alla crisi della discografia» spiega De Luca «costretta a rinegoziare contratti o promuovere meno gli emergenti. Per noi è il contrario.

Dobbiamo investire di più, siamo diventati produttori deglishow. Tiziano Ferro saràmirabolante, con invenzioni che nessuno si sarebbe aspettato dauncantautorechehaesordito allo stadio solo tre anni fa. Quando dissi che in estate avremmo occupati ben otto stadi mi hanno preso per pazzo ».

Imacronumeri, come succede spesso nell’entertainment, sonounatrappolamanonsene può fareameno. Live Nation, a livello mondiale, è l’impresa chevendepiùbigliettieproduce più spettacoli musicali. Il 1° ottobre lancerà i suoi Awards, in un campo dove la festa televisiva- pubblicitaria, da BillboardaiGrammy,

è già saturo. Ma a differenza di altri premi, la multinazionale punterà a riconoscere aspetti di un tour, come miglior performance, “guerriero da strada”omiglior

collaborazione sul palco, apprezzati dal pubblico che spende miliardi in valuta pregiata. «Le presenze sono aumentate perché il concerto è l’unico caso in cui rimani protagonista.

Anche se poi lo replichi all’infinito su Internet. Ma 500 milioni di visualizzazioni su social network non corrispondono a mezzo milione di persone in uno stadio». Impegnato nei tour di Marco Mengoni, Foo Fighters, Cesare CremoninieNegramaro, De Luca deve allineare mle strategie italiane a quelle della casa madre, senza perdere di vista il contesto economico: «Gliitalianihannotagliatoa beni di consumo non primari, come l’automobile o le vacanze, mma non la musica dal vivo, dove i prezzi sono accessibili, frai30e40euro, con l’eccezionedistarchegiranopiùdirado, fra 70 e 100 euro». L’aumento di presenze è dovuto anche ad artisti «che sono sempre on the road. Per primo lo ha fatto Bob Dylan, gli altri sonovenutiaruota. Ora dovremo trovare modi più moderni di vendere biglietti. Se comprarli sul web in America raggiunge il 90%, noi siamo ancora al 40.Mail gap si ridurrà in pochi anni». L’altro aspetto è il ricambio generazionale: «Oltrea Vasco,Jovanotti,LigabueoFerro, c’è comunque una generazionechesièfattastradaneiteatrie poi nei palasport. Chiedersi cosa succederà quando certerockstar ridurranno la loropresenzaèinutile: il loroposto verrà preso dai più giovani, soprattutto contando sui festival, io voglio rilanciare l’Heineken Jammin’, perché sono una vetrina mediatica irrinunciabile.

Pensavamo che dopo U2eRolling Stones fosse finita, invece sono arrivati Muse, Robbie Williams, Foo Fighters, Ed Sheeran. One Direction. Oggi viene più gente ai concerti di vent’anni fa. Vivere le emozionièmegliochevederleonline».

 

fonte: Il Secolo XIX

Se sei un artista norvegese, il governo ti regala questo autobus per andare in tour

Qualche giorno fa, la band norvegese Turbonegro ha pubblicato un aggiornamento sulla propria pagina Facebook che ha lasciato molti a bocca aperta: la foto di un mega tour bus dotato di ogni comfort che alla band non serve più perché al momento non ha concerti in programma. 
A quanto pare il bus è stato donato alla band dal governo, perché rientra in due prerequisiti fondamentali: aver venduto almeno 1000 copie e avere una touring crew che comprenda almeno il 50% di donne. 
Per questo, la band ha lanciato un appello per prestarlo a qualche altro gruppo che ne avesse bisogno in questo momento.

"Anyone who might want to borrow it? Most norwegian bands we know have their own already."

fonte: Rockit.it
http://www.rockit.it/news/turbonegro-tour-bus-donato-dal-governo-norvegese

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